Le storie complete.

Fotografare un rito simbolico (in questo caso buddista) significa entrare in contatto con culture e gesti diversi, con tempi e attenzioni speciali, in un confronto bellissimo e profondo con gli sposi e il cerimoniere. È guardare e vivere un luogo con occhi nuovi, che sia una cascina o un angolo di bosco. È la comprensione dell’altro che ti prende per mano e ti dice “io sono così, vieni con me”, un invito gentile che somiglia ad un abbraccio.

Dichiaro solennemente, insomma, che i riti simbolici sono i miei preferiti. Chi è con me?

Nel tempo, ho capito che la felicità si misura in sorrisi e che reportage è accompagnare le persone nel loro viaggio, non “evitare di farle mettere in posa”. Che a volte è più importante una chiamata breve che un messaggio lungo in cui spieghiamo il nostro punto di vista, che esserci è la manifestazione della nostra intenzione più profonda, e che quando non possiamo esserci troviamo dei modi incredibili di teletrasportarci.

Che essere se stessi premia sul breve e sul lungo periodo nonostante tutto, e che se hai vicino qualcuno che ride con te allora davvero non dovrai avere paura di niente.

Sei tu casa, il luogo dove mi sento sicura; sei il sabato delle mie settimane, quando ho voglia di divertirmi di più; sei il libro appoggiato accanto al letto che leggo ogni sera prima di addormentarmi; sei il profumo del caffè al mattino e la musica che ballo a piedi nudi quando non mi vede nessuno; sei l’attesa di tutte le cose belle che stanno per iniziare.

Da una statistica condivisa da Michela durante il discorso che ha tenuto al pranzo di nozze, pare che nelle coppie felici per ogni “momento no” ci siano almeno 4 “momenti sì” successivi che riequilibrano il tutto.

Mi viene in mente quella volta in cui il mio ragazzo ha messo il rotolo di carta igienica al contrario al mattino, poi ha preparato la miglior colazione di sempre, ha aggiunto la cannella al kefir, ha fatto partire una playlist bellissima e mi è venuto a svegliare con un bacio sulla fronte. La cosa del rotolo l’ho scoperta solo dopo, ma a ripensarci ho capito che la statistica potrebbe aver ragione.